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La ricerca filosofica si occupa della felicità umana? Questa domanda ha ricevuto nel tempo risposte diverse: se per il pensiero greco antico lo scopo principale della filosofia è quello di rendere l'uomo felice, educandolo a conoscere e realizzare se stesso e la propria natura, ciò non vale per la riflessione contemporanea, che considera la filosofia come una forma di conoscenza che non può rendere né felici né infelici. Si può in questo senso parlare di un vero e proprio oblio del tema della felicità, che pervade le espressioni non soltanto filosofiche, ma anche artistiche del nostro tempo: la letteratura novecentesca, in particolare, esprime il sentimento di smarrimento e la perdita di identità dell'uomo contemporaneo e riduce la felicità a mera illusione o al godimento di piccole gioie quotidiane. Per ovviare a tale oblio bisogna dunque volgersi nuovamente al pensiero antico, e in particolare all'Etica Nicomachea, in cui Atistotele analizza non solo la nozione di felicità, ma anche quelle di bene, virtù, giustizia, amicizia e saggezza, ancorando la propria indagine alla dimensione concreta dell'umana esistenza. Ne emerge un'idea di moralità non come rispetto di compiti e imposizioni, bensì come libera scelta di una via di realizzazione personale che non può che condurre alla felicità.