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Enaiatollah Akbari, il protagonista, ormai adulto, racconta in prima persona la sua storia di immigrazione clandestina a Fabio Geda, che interviene appena e lo incoraggia, in un monologo lungo e sincero.
Il padre è morto a seguito di un agguato. La madre, per evitare che Enaiatollah venga preso come risarcimento della merce perduta e fatto schiavo dai creditore, lo accompagna in Pakistan, gli fa promettere che diventerà un uomo per bene e poi lo lascia solo.
Da questo tragico atto di amore hanno inizio la prematura vita adulta di Enaiatollah Akbari e l'incredibile viaggio che lo porterà in Italia passando per l'Iran, la Turchia e la Grecia. Un'odissea che lo ha messo in contatto con la miseria e la nobiltà degli uomini, e che, nonostante tutto, non è riuscita a cancellargli dal volto il suo formidabile sorriso.
Una volta in Italia, Enaiatollah riesce a rintracciare un conoscente che sta a Torino. Lì conosce un'assistente sociale che decide di ospitarlo in casa propria facendo una pratica di affidamento.
Enaiatollah è ora rifugiato politico in Italia e può avere una vita serena. La sua storia, per quanto forte e piena di sofferenza, non è una delle più terribili. Molti sono coloro che non possono raccontare le loro storie di disperazione perché non ce la fanno ad arrivare, perché muoiono nel viaggio o vengono ricacciati senza essere ascoltati vedendo i loro diritti calpestati e ignorati.