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Interrogarsi sull’inconscio vuol dire interrogarsi su se stessi, sul proprio fondamento, sulla dimensione più profonda di sé, quella non controllabile, che non sottostà alla giurisdizione della coscienza e alla sua logica di non contraddizione. La parte contraddittoria, dunque, scomoda, sovversiva di ognuno di noi, che scardina la facile sicurezza del pensiero razionale e fa parlare il desiderio, la fantasia, la creatività, le pulsioni, il corpo. Riflettere sull’inconscio vuol dire anche cercare di ricostruire le tappe dell’indagine intorno ad esso, la storia della sua esplorazione, che è, poi, un altro modo di scrivere la storia dell’uomo.